Attraverso la somministrazione online di un questionario, il progetto Toscana 2050 ha raccolto l’opinione delle cittadine e dei cittadini toscani in relazione al futuro della regione.

Quello che emerge è un quadro di negoziazione del punto di vista, che presenta ora delle prevalenze, seppure mai nette, ora, invece, delle dicotomie quasi perfette tra posizioni divergenti.

L’ottimismo, per esempio, è l’atteggiamento prevalente dei toscani verso il futuro, ma si tratta di un dato da tenere monitorato nel tempo, perché a questa componente (quella dei cittadini ottimisti) appartiene meno della metà della popolazione e perché poco più di un quarto della popolazione sospende, invece, il giudizio. A essere interessante è, infatti, proprio la traiettoria d’opinione che questi ultimi seguiranno nei prossimi anni e decenni.

È altrettanto importante, e forse indicativo, fissare però il volume dei pessimisti oggi: il 25% circa

Altri dati approfondiscono il quadro.

I cittadini toscani e le cittadine toscane attendono il futuro con due sensazioni prevalenti: speranza  e opportunità che formano oltre la metà delle risposte.

L’incertezza, forse coerentemente con quel quarto di popolazione che sospende il giudizio sul futuro, richiama circa un quinto delle risposte.

Secondo i toscani, le  trasformazioni più significative riguarderanno soprattutto le tipologie e le modalità di lavoro.

La pandemia, del resto, ha costretto la popolazione a trovare forme alternative per continuare a svolgere la professione. Uno snodo della storia che, anche in virtù del miglioramento atteso delle infrastrutture digitali e del dibattito recente sull’Intelligenza Artificiale, permette di immaginare un futuro in cui, per esempio, cambino ulteriormente tempi di vita e tempi lavorativi, oltre che parte dello scacchiere delle professioni.

Coerentemente con questa informazione, appena in subordine, si trovano la salute e la qualità della vita. Anche in questo campo, si può presumere, l’attesa di uno sviluppo tecnologico rampante ha una forte incisività, nel contesto di una società nella quale l’età media ha raggiunto un livello particolarmente elevato.

In un quadro frastagliato, all’interno del quale non è possibile (e non è l’obiettivo dell’indagine) comprendere se la popolazione esprima speranza o timore nelle sue risposte, colpisce il dato basso relativo all’impiego delle risorse naturali. Come possibile, o perfino probabile, c’è una scarsa fiducia nella disponibilità della società a modificare consumi e stili di vita in favore della tutela ambientale?

L’urgenza di affrontare la questione ambientale sembra, tuttavia, evidente per un toscano su tre e viene, per ordine di priorità, appena dopo temi percepiti come più immediati e sostanziali nella vita delle persone, e cioè quelli dell’economia e delle infrastrutture.

Interessante come, nonostante il Covid e una popolazione che invecchia, sanità e sociale si collochino dietro all’ambiente per probabile effetto di un dibattito globale che si fa sempre più presente e incisivo.

Una possibile peculiarità regionale è la polarizzazione che si registra in relazione all’importanza assegnata a città e aree rurali nello sviluppo della Toscana verso il 2050.

Una dicotomia quasi perfetta e forse fisiologica in un luogo che ancora dispone di un patrimonio ambientale esteso, conservato e ben incardinato all’interno dell’immaginario della Toscana diffusa, fatta sì di grandi centri, ma anche di piccole comunità distribuite sul territorio naturale.

Non è un caso che dai tavoli di riflessione di Toscana 2050 emerga in più occasioni l’idea di una grande smart-land interconnessa, con la tecnologia che unisce pariteticamente tutti e 273 i comuni.

Certo, l’ampiezza del centro di residenza incide sul giudizio, tanto da produrre una dicotomia di secondo livello tra l’opinione di chi vive in città e quella di chi vive in comunità più piccole.

Chi vive nei comuni meno popolosi ritiene infatti le aree rurali più determinanti per il futuro, e lo fa più intensamente di quanto non faccia, in relazione invece alle città, chi risiede in centri sopra i 50.000 abitanti.